"Sulla verità e la menzogna nel senso extra-morale" è un saggio fondamentale in cui Nietzsche esplora l'epistemologia. Nietzsche commenta i costrutti cognitivi e l'essenza grezza dell'esperienza percettiva umana, sostenendo che le verità non sono che metafore logore e prive della loro forza originaria. Egli sostiene che il linguaggio, un artefatto umano carico di metafore e metonimie, oscura piuttosto che rivelare la realtà, creando un mondo distorto in cui le "verità" non sono altro che illusioni antropomorfiche che servono ad ancorare un'esistenza altrimenti caotica. Nietzsche illustra come le norme sociali plasmino la percezione e la cognizione in modo che ciò che chiamiamo "verità" sia più una questione di convenzione linguistica che un vero riflesso della realtà. Questo testo espone l'artificio incorporato nei sistemi umani di conoscenza, rivelando l'architettura intellettuale dell'inganno come una necessità evolutiva e culturale piuttosto che una ricerca di comprensione oggettiva - un lavoro sia di epistemologia che di fenomenologia.